Lo chef Carlo Cracco proprio non ci sta. La sua voce, insieme a quella di centinaia di colleghi stellati e non, si è espressa in una raccolta di firme per mettere fine a quello che tradizionalmente viene chiamato “street food”. Il camioncino che vende panini strabordanti di contorni succulenti e che vi salva il sabato sera dietro l’angolo di casa potrebbe sparire.
Non è solo “contro” questa categoria che molti chef e ristoratori hanno puntato le armi: nel mirino anche la nuova era delle macellerie e pescherie che si convertono in locali dove viene cucinato e servito il cibo venduto. La motivazione di fondo è il mancato rispetto di regole alle quali invece i ristoranti sono sottoposti: dalle norme igienico sanitarie ai requisiti indispensabili per l’apertura di una attività di ristorazione.
In più le tasse e gli oneri di diversa natura imposte per lo smaltimento dei rifiuti, contratti di lavoro e chi più ne ha, più ne metta. La Federazione Italiana Pubblici Esercizi si è fatta quindi portavoce con un documento che raccoglie, come anticipato, le firme di moltissimi personaggi noti e meno noti della ristorazione italiana per invocare un’equa applicazione della legislazione.
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Nessun rispetto delle norme, grandi rischi per i consumatori
Il presidente della FIPE Lino Enrico Stoppani spiega: “Da tempo chiediamo che allo stesso mercato corrispondano stesse regole. In Italia si assiste a una deriva legislativa e giurisprudenziale che per il nostro settore stravolge i più banali principi di equità”. Aggiungendo: “Si può di fatto fare ristorazione offrendo ai propri clienti la possibilità di consumare in loco prodotti senza per questo dover sottostare a tutte le regole imposte a bar o ristoranti.
Si tratta, per esempio, della presenza di servizi igienici adeguati alla frequentazione del locale o la presenza di locali idonei alla lavorazione dei prodotti. Per non parlare degli oneri tributari, come le tasse sui rifiuti, che sono diverse fra le categorie e sensibilmente più onerose per chi fa somministrazione”. L’intenzione dunque è quella di garantire una maggiore tutela del consumatore. Ciò attraverso una serie di parametri che, determinati esercizi commerciali non applicano per via di una precedente liberalizzazione imposta dal governo Bersani.
Carlo Cracco firma contro lo street food: “Annacqua la professionalità”
Questo è quanto sottolinea Claudio Sadler, chef stellato dell’omonimo ristorante milanese: “Dobbiamo entrare nella logica che le regole devono essere applicate. Nell’interesse comune e dei clienti ovunque ci sia somministrazione con la vendita o la consegna delle pietanze e piatti”. Gli fa eco Carlo Cracco, ex giudice di Masterchef Italia e titolare di diversi locali premiati con stelle Michelin: “Non si fa nulla per premiare e difendere chi investe e al posto di aumentare le professionalità le si annacqua”.
Masterchef e compagnia: un danno per il mondo della ristorazione?
Conclude con un’attenta disamina il proprietario di “Alle colline pistoiesi” Filippo Giordano: la sua famiglia possiede il noto locale da tre generazioni. “I posti dove si mangia sono più che triplicati negli ultimi anni. Tanti aprono e tanti chiudono facendosi la guerra sui centesimi e la qualità si abbassa a danno dei consumatori” spiega lo chef. “Si abbassano i fatturati perché il bacino di utenti non è cambiato. Mentre il fatto che non ci sia più una soglia di ingresso e quindi selezione consente a chiunque di inventarsi ristoratore o barista. Spesso senza preparazione e senza cultura della cucina” sottolinea.
In effetti la cultura del buon cibo è ormai diventata, anche solo concettualmente, appannaggio di tutti. Forse anche a causa del proliferare di programmi e cooking show sull’argomento, che hanno aperto orizzonti nuovi anche tra le mura di casa. Il problema di fondo però appare più gravoso. “Viviamo in una situazione perversa che permette a qualcuno di agire senza regole e ad altri impone regole stringenti e onerose. Lo trovo non solo inconcepibile, ma addirittura offensivo verso chi cerca di fare il proprio lavoro con serietà e dedizione. Dall’eccessiva proposta non ci guadagna nessuno. E il consumatore rischia” conclude Giordano.
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