La catena commerciale francese, nelle vesti di produttrice, svela come stanno le cose; che cosa fa Carrefour e come si giustifica per spiegare il tutto.
Carrefour ha fatto sapere che un articolo venduto in esclusiva nei suoi punti vendita e che reca per l’appunto il suo marchio contempla l’utilizzo di un solvente in quelli che sono i suoi processi produttivi. È un po’ un segreto di Pulcinella quello che riguarda l’utilizzo, nel novero dei processi industriali, di sostanze chimiche che possono facilmente avere delle ripercussioni possibili sulla salute delle persone, in certe situazioni.

E se questa prassi è fin troppo frequente, non lo è altrettanto il fatto che una azienda di primo piano e così tanto conosciuta si esponga in una maniera simile. Ma evidentemente le alte sfere di Carrefour avranno fatto le loro debite valutazioni, ritenendo più corretto ed etico informare i consumatori su quanto avvenuto fino ad oggi. Ed invertire questo trend. Da parte di Carrefour è arrivata una accurata descrizione di cosa avvenuto, e di quale sia il prodotto coinvolto.
Dove viene usato il solvente e le rassicurazioni del caso
Grazie ad una inchiesta portata avanti da il Salvagente, è emersa la tendenza di molti produttori di caffè riguardo l’utilizzo del diclorometano. Si tratta di un solvente chimico il cui impiego in ambito industriale trova motivazione dal fatto di essere capace di rimuovere la caffeina dal caffè, per produrre per l’appunto caffè decaffeinato. Alcuni produttori sostengono di fare ricorso a pratiche diverse, invece delle marche di primo piano non hanno fornito risposte a il Salvagente.
L’unica azienda a dire come stanno le cose è stata la sola Carrefour. Il colosso francese della Grande Distribuzione Organizzata ha una presenza importante anche da noi in Italia. E lo stesso ha affermato di usare il diclorometano per togliere la caffeina in maniera efficace. Poi questo solvente comunque sparisce, a detta di Carrefour, perché il caffè lavorato viene sottoposto a temperature superiori ai 40° ed a questo livello il diclorometano evapora. Ciò avviene in particolare nel corso della tostatura, che si svolge a 200°.

I consumatori si chiedono: possono esserci dei possibili rischi nonostante questa garanzia che sostanze del genere spariscono quando sottoposte a trattamenti ad altre temperature? Occorre considerare che ci sono dei limiti che riguardano molte sostanze, specialmente quelle ritenute potenzialmente cancerogene. I solventi spariscono per davvero? Perché nel caso possono accumularsi nel tempo all’interno del grasso corporeo.
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I timori degli esperti
Alcuni esperti sostengono che, anche con questi passaggi di tostatura, ci sarebbero comunque delle tracce di diclorometano. E quindi il consumo quotidiano di caffè decaffeinato contribuirebbe ad apportare delle tracce di tale sostanza nociva, che l’IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha classificato come possibile cancerogena.
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Le normative europee e italiane regolano rigorosamente l’uso di questi solventi, fissando limiti ai residui consentiti nel caffè. Demus, una delle aziende europee specializzate nella decaffeinizzazione, sostiene che, dopo la tostatura, i residui non sono generalmente rilevabili. Legalmente, tutto è in regola, ma la mancanza di trasparenza riguardo al metodo di decaffeinizzazione riportato sulle etichette può lasciare i consumatori disinformati.

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Ma almeno c’è da dire che un numero sempre più crescente di aziende del settore sta optando per metodi di decaffeinizzazione più naturali, come l’estrazione con acqua o anidride carbonica, rendendo nota questa scelta. Al contrario, le aziende che utilizzano solventi chimici tendono a mantenere un profilo basso su questo aspetto. La risposta di Carrefour all’inchiesta evidenzia quanto questo tema sia delicato e controverso.