Anche il dado Knorr dice addio all’Italia. La Unilever, titolare del famoso marchio, ha infatti deciso di chiudere lo stabilimento di Sanguinetto in provincia di Verona per spostare la produzione in Portogallo. I problemi sono sorti già un anno fa, quando l’azienda aveva chiuso una vertenza per una trentina i esuberi. Da allora, la situazione non è di fatto mutata a causa di una inversione di tendenza in negativo del settore merceologico.
Il direttore della comunicazione di Unilever Italia Gianfranco Chimirri, aveva infatti evidenziato “Rilevanti difficoltà sia a livello europeo che italiano nella vendita dei dadi da brodo tradizionali. Con una conseguente diminuzione del fatturato di più del 10% in due anni”. L’esigenza di rispondere alle mutate esigenze del mercato quindi ha prodotto la decisione della delocalizzazione. Anche se l’azienda ha precisato che non tutta la produzione subirà modifiche sensibili.
Con un comunicato ufficiale infatti, ha smentito in modo categorico la chiusura totale dello stabilimento di Sanguinetto e l’abbandono dell’Italia da parte di Knorr. “Si continuerà infatti con le altre produzioni, che consistono principalmente nei dadi «jelly» (quelli gelatinosi), nei risotti in busta e nelle marmellate (queste ultime per conto terzi). La razionalizzazione riguarda infatti esclusivamente l’area dello stabilimento relativa ai dadi da brodo tradizionali e non le altre produzioni alimentari” spiega Unilever.
Sono 76 i dipendenti già soggetti alla procedura di licenziamento collettivo: restano una ottantina di lavoratori il cui futuro quindi è nelle mani dell’andamento del mercato. La delocalizzazione, ha specificato ulteriormente “E’ stata necessaria per garantire la sostenibilità futura dello stabilimento, consentire il prosieguo delle altre produzioni attualmente presenti e mettere il sito nelle condizioni di poter cogliere le eventuali opportunità future”.
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Nonostante ciò, Il presidio dei dipendenti contro il licenziamento prosegue dal mattino del 5 maggio davanti allo stabilimento. Supportati dai sindacati che non hanno creduto alle giustificazioni dell’azienda e puntano il dito contro la politica della multinazionale che non ha tenuto conto dell’aumento dei carichi di lavoro. CGIL, CISL e UIL infatti hanno manifestato grande disappunto in merito alla decisione, presa “senza tenere conto della riorganizzazione dello scorso anno e senza alcun preavviso, ordinando la delocalizzazione in Portogallo della produzione del dado Knorr ed il licenziamento di 76 persone”. Concludendo la nota, senza mezze misure: “Lo stabilimento di Sanguinetto lavora da 60 anni e deve essere mantenuto”.
L’importanza della questione ha stimolato anche una forte mobilitazione politica, partendo dalla vicepresidente dei deputati Pd Alessia Rotta: “Con Unilever ci troviamo davanti alla cronaca di una morte annunciata, davanti alla quale il governo non ha fatto nulla”. Un problema di rilievo a cui, secondo la deputata, il governo non avrebbe dato l’importanza necessaria. “I 76 licenziamenti ed il mancato rinnovo del contratto nello stabilimento di Sanguinetto fanno seguito alle 28 uscite dello scorso anno, per le quali avevo già sollecitato il governo affinché intervenisse in una grave crisi aziendale e occupazionale del territorio veronese. Ma nulla è stato fatto”.
Pare che la questione sia soltanto all’inizio: la Knorr è soltanto l’ultima, in ordine di tempo, a lasciare l’Italia per spostarsi all’estero. Clamoroso il caso della Novi, del cioccolato Peyrano e di altre realtà storiche italiane la cui produzione è passata in mani straniere. Caso a parte la Melegatti, per la quale la forte mobilitazione è stata un salvagente importante.
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