Quando si è a dieta spesso si attende con grande ansia l’arrivo del pranzo, uno dei pasti più importanti nell’arco della giornata. Gli orari a cui si consuma variano anche di molto lungo lo Stivale: da nord a sud le abitudini alimentari sono estremamente diverse. In genere a settentrione si preferisce mangiare prima dell’una, mentre a meridione si può sforare fino alle due e mezza del pomeriggio. Un caso a parte rappresentano coloro che trascorrono tutta la giornata in ufficio, per i quali addirittura il pranzo può saltare completamente. In ogni caso è consumato generalmente con grande fretta ed in orari poco consoni.
Quanto emerso da una ricerca messa a punta dall’Università di Teramo, può però indurre a pensare ed a valutare un cambio radicale del proprio stile di vita. Lo studio intitolato “Centenari” ha avuto ad oggetto proprio le abitudini alimentari degli italiani residenti nei comuni con il tasso più elevato di longevità. Il confronto ha dato degli esiti sorprendenti: rispetto ai dati di Villagrande, paesino della Sardegna con il numero più alto di persone sopra i cento anni, sono circa 150 i comuni abbruzzesi i cui indici di longevità sono paragonabili ad esso. In particolare l’area “benedetta” da tanta salute è risultata essere quella intorno ai Parchi della Majella, del Gran Sasso e della Marsica.
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Tra le caratteristiche che si ipotizza possano rientrare tra quelle responsabili di una vita genuina c’è una pratica comune a tutti i soggetti della ricerca. Si tratta dello “sdijuno“ ovvero il primo pasto abbondante della giornata che tradizionalmente si consumava alle 11 del mattino e che ancora oggi, molti anziani, usano fare perpetuando questa consuetudine fin dalla loro infanzia.
“Questa abitudine alimentare abruzzese è perfettamente in linea con le più recenti evidenze scientifiche, che hanno sottolineato l’importanza di concentrare i pasti della giornata” spiega il dottor Mauro Serafini, docente di Alimentazione e Nutrizione umana della Facoltà di Bioscienze dell’Università di Teramo. “In particolare riguarda l’importanza di limitare l’apporto calorico la sera, quando il metabolismo, seguendo i ritmi circadiani, rallenta” continua.
Le abitudini alimentari abbruzzesi infatti, comprendevano una colazione minima alle 6 del mattino, cui seguiva alle 11 il “sdijuno” per concludere con un pasto frugale al tramonto, intorno alle 18. “Sulla base di queste premesse, lo ‘sdijuno’ abruzzese si propone come modello alimentare peculiare ed ante litteram rispetto alle recenti diete del digiuno. In grado di spiegare, insieme a fattori ambientali, nutrizionali e genetici, la longevità abruzzese” conclude il dottor Serafini.
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