Le allergie ed i disturbi alimentari sono in forte aumento da circa 10 anni, come fa sapere l’Istat che presenta dei dati raccolti nel 2019 ma che risultano ancora molto attuali. In base agli stessi, circa il 10,7% della popolazione in Italia presenta questo tipo di problematica a diversi livelli.
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Nel novero sono inclusi sia adulti che bambini. Proprio le intolleranze ed i disturbi alimentari dei più piccoli riguardo all’assunzione di uova, latte, fave ed altri alimenti naturali sono praticamente raddoppiati. Contestualmente ecco crescere anche i casi di celiachia, favismo, diabete mellito e tutte quelle patologie che riguardano più strettamente l’ambito alimentare.
Per quanto riguarda i bimbi, è necessario che le mense scolastiche si adeguino a ciò e si organizzino per ridurre al massimo qualunque conseguenza spiacevole legata alle allergie alimentari. Esistono anche situazioni più o meno diffuse di neofobia e di fagofobia nella fascia dell’infanzia dagli 1 ai 5 anni.
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Si tratta rispettivamente della paura di mangiare determinati cibi e di quella di assumere alimenti solidi. Ed i segnali della loro comparsa sono evidenti, tra rifiuto del cibo, tempo del pasto estremamente prolungato, cattivo umore ed anche situazioni di vomito prima e durante l’assunzione di cibo.
Per curare questi disturbi alimentari ci si avvale dell’aiuto di pediatri, psicologi e di altre figure professionali specializzate. Sempre nelle mense scolastiche c’è da gestire questa situazione, che porta le famiglie di alcuni bambini ad imporre che i loro figli non mangino determinati alimenti.
Una cosa che è decisamente sbagliata, qualora non sussista alcuna allergia, in quanto la loro crescita fisica e cognitiva normale potrebbe portare più facilmente al sorgere di particolari patologie.
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Bisogna curare le forme di fobia sopra citate, con l’apprendimento che sta a monte dei momenti in cui ci si siede a tavola oppure in mensa.
Le allergie alimentari ed i problemi in generale in questo campo possono essere curate anziché vedere indifferenza o sottovalutazione del problema da parte delle famiglie interessate. Una cosa che purtroppo può capitare di vedere.
Mangiare è un processo naturale come il camminare. Il bambino deve compiere delle esperienze per passare dal cibo liquido a quello solido, e fare delle scoperte in tal senso anche dal punto di vista motorio. Va insegnato lui come masticare, come gustare un alimento. Ed anche l’approccio visivo allo stesso è un fattore da non sottovalutare.
Spesso volte il modo di presentare il cibo nel piatto, il far vedere una determinata marca al bimbo, con un certo colore od un certo stile grafico sulla confezione, sono delle cose che hanno il loro peso.
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Riguardo alle mense a scuola, si richiede loro di preservare anche la tranquillità dell’ambiente. Perché quella è la principale palestra per attuare una fondamentale educazione alimentare e dove viene svolto anche un momento sociale importantissimo.
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Durante la pandemia i bambini sono rimasti a casa. Una cosa che ha pesato moltissimo sulle loro capacità di sviluppo relazionale con i propri coetanei e che ha avuto delle conseguenze anche gravi sullo sviluppo del linguaggio, delle capacità linguistiche e di favorire l’incontro con gli altri.
Problematiche che, non tanto a sorpresa, anche il cibo consumato in compagnia può ridurre al minimo, se tutto avviene nelle giuste condizioni.
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