Idrocarburi nell’olio d’oliva e non solo: questo quanto emerso da un’analisi su un campione di prodotti provenienti dall’Unione Europea. Ciò che ha sconvolto è stato che la presenza di sostanze dannose e potenzialmente cancerogene è stata rilevata in alimenti notoriamente validi e addirittura con denominazioni protette. Insomma, anche la lettura delle etichette non salva più il consumatore, che viene indotto ad acquistare sulla base di presunte informazioni trasparenti.
La rivista tedesca Oko Test ha comparato il contenuto di venti bottiglie di olio extra vergine d’oliva acquistati in discount, supermercati e negozi biologici, testandoli in base a criteri qualitativi e sensoriali. Tutti questi oli vantano determinate caratteristiche che li inquadrano nella categoria dei prodotti di livello superiore, sia per la provenienza delle materie prime, sia per le caratteristiche organolettiche. Al test di laboratorio, che ha valutato la presenza di pesticidi, plastificanti e residui di oli minerali, soltanto due sono stati salvati. Il test tedesco che ha analizzato i seguenti oli:
Rapunzel – Olio extra vergine di oliva di Kreta (biologico)
La Española – Natives Olivenöl extra (biologico)
Bio Planète Olivenöl – native extra (biologico)
La Selva – Olio Extravergine d‘Oliva Italiano (biologico)
Neuco – Natives Olivenöl (biologico)
Dennree – Olivenöl Nativ extra (biologico)
Gaea – Natives Olivenöl Extra Special Selection Griechenland (biologico) Monini Bios – Olio Extra Vergine di Oliva (biologico)
Alnatura – Natives Olivenöl Extra (biologico)
Byodo – Natives Olivenöl Extra mild (biologico)
Mani Bläuel – Natives Olivenöl Extra (biologico)
Naturata – Olivenöl Nativ extra (biologico)
Primoli – I.G.P. Toscano Olio Extra Vergine di Oliva
Edeka – Griechisches Natives Olivenöl Extra g.g.A. Chania
Bertolli – Extra Originale
Cantinelle – Natives Olivenöl Extra
Casa Morando – Olivenöl Nativ Extra
Rewe Beste Wahl – Natives Olivenöl Extra g.U. Sitia-Lasithiou
De Cecco – Extra Classico
Primadonna – Natives Olivenöl Extra
La metà degli oli testati falliscono: nove di essi risultano “insufficienti”. Il problema principale è la forte contaminazione da residui di olio minerale. Inoltre quattro oli, a differenza di quanto dichiarato, sono risultati “rancidi” al test del gusto. Comprovando quindi l’assenza di materie prime effettivamente vergini. In tre prodotti è stata inoltre rilevata la presenza di dibutilftalato, ovvero un plastificante inodore utilizzato solitamente per il riciclaggio della carta, plastiche alla nitrocellulosa, solventi per unghie, materiali esplosivi. Insomma un componente non proprio commestibile.
Quasi tutti gli oli, come anticipato, contengono oli minerali. Per idrocarburi derivanti dal petrolio si intende un gruppo molto ampio di molte sostanze diverse. Questi possono includere composti potenzialmente cancerogeni. Il laboratorio che ha effettuato i test ha rilevato la presenza di MOAH (Mineral Oil Aromatic Hydrocarbon) in metà degli oli. Si tratta di oli minerali di origine fossile dannosi per la salute che si possono trovare in alimenti e bevande come residui dei processi produttivi. Sono leggeri ma tossici, migrano attraverso l’aria e si fissano sugli alimenti.
Nel 2017 sono stati oggetto di una raccomandazione dell’Unione Europea (2017/84) che ha ordinato di valutare la presenza di MOSH e MOAH nei prodotti alimentari e negli oggetti destinati a venire a contatto con essi, ad esempio i materiali utilizzati per impacchettare pane e panini, cereali da colazione, gelati e dolci.
Alla stessa categoria appartengono i MOSH (Mineral Oil Saturated Hydrocarbon), rinvenuti in più della metà degli oli. Questi vengono assorbiti dal corpo umano: tracce sono state rilevate nel fegato, nei linfonodi, nella milza e nel tessuto adiposo dei topi a seguito di alcuni studi. Gli effetti sulla salute umana non sono ancora chiari, ma senza dubbio sono estremamente nocivi. Inoltre è stata accertata anche una quantità di POSH (polyolefin oligomeric saturated hydrocarbons) ovvero idrocarburi presenti come oligomeri in alcune plastiche conosciute come poliolefine (es. polietilene, polipropilene). Queste se usate come imballaggio o per lo stoccaggio di alimenti, possono migrare negli alimenti. I dati tossicologici relativi a quest’ultima categoria non sono ancora disponibili, ma è certo che si comportano in modo molto simile agli altri.
Molti dei fornitori, interrogati sulla forte presenza di agenti contaminanti, hanno cercato di minimizzare il fatto opponendola come risultato di un processo quasi “fisiologico”. Insomma, secondo le aziende produttrici, gli oli minerali possono anche provenire dalla natura, ad esempio dalle cere naturali delle olive. In realtà il laboratorio a cui sono state commissionate le indagini ha riscontrato che la loro provenienza è tutt’altro che naturale, semplicemente separando gli idrocarburi fossili derivati dal petrolio da quelli naturali ritrovati nei prodotti. Ed ha anche fornito una spiegazione in merito. Durante la raccolta delle olive e la produzione, le materie prime vengono in contatto con gli oli lubrificanti utilizzati per mietitrebbia, nastri trasportatori per oleifici, motoseghe da taglio di ulivo, ma anche da pesticidi a base di olio di paraffina e gas di scarico. Tutte queste variabili incontrollate, minano la purezza e la qualità del prodotto finale.
Per quanto riguarda l’analisi sensoriale, anche in questo caso sono emersi dati falsi o parzialmente non veritieri. All’assaggio infatti ben quattro oli si sono rivelati “rancidi” o “aspri”, una qualità che non si può assolutamente ritenere propria di un olio “extra vergine”. Ciò significa che il prodotto è fortemente ossidato e quindi che è in corso un processo di alterazione dovuto alla presenza di agenti esterni. Ciò lo rende non solo sgradevole, ma assolutamente nocivo alla salute. Altri oli tra quelli esaminati invece, possono essere qualificati solo “vergini”, quindi privi di particolari caratteristiche di eccellenza.
Rispetto i dati relativi all’impressione sensoriale generale, soltanto uno tra gli oli esaminati è stato dichiarato “molto buono”. Gli altri sono semplicemente mediocri, a parte quelli manifestatamente “inarmonici”. Riguardo l’origine dichiarata di tutti gli oli, il laboratorio ha confermato quanto espresso dai fornitori. Quindi nessuna dicitura ingannevole? Non proprio. Se la provenienza è indicata genericamente “UE e paesi terzi” è più facile confondere il consumatore. Infatti questa espressione consente di non indicare specificamente la percentuale rispettiva di oli europei e non europei. Inoltre rende possibile mescolare lo stesso olio più volte rendendo impossibile evincere la reale provenienza.
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