Il latte da crescita non è un prodotto che andrebbe acquistato, secondo i pediatri. Ma la pubblicità riesce a fare presa sui genitori. Occorre informarsi.
In merito alla scelta su quale marca di latte da crescita acquistare, una ricerca recente non ha dubbi. I genitori sono molto influenzati dalla pubblicità nell’acquisto di quei prodotti che devono sostituire nelle loro intenzioni il latte vaccino per i loro bambini fino ai 3 anni. Il dato in questione riguarda gli Stati Uniti ma in generale il trend sembra assimilabile anche ad altre parti del mondo tra cui l’Italia. Eppure i pediatri non consigliano l’utilizzo di latte da crescita. Per loro è proprio quello vaccino a dovere essere prediletto dal momento che non contiene aromi e dolcificanti. Ma le dinamiche pubblicitarie riescono ad avere la meglio, a quanto pare. Lo sostiene il Rudd Center for Food Policy & Obesity dell’Università del Connecticut, sulla rivista specializzata di settore ‘Public Health Nutrition’. Da quanto risulta, le vendite nel decennio 2006-2015 sono praticamente triplicate, passando da 1,33 milioni a 3,43 milioni di kg di latte da crescita. E specialmente nelle aree soggette ad alto livello di urbanizzazione e con elevato tasso di istruzione.
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Qui i marchi capaci di ottenere maggiori spazi pubblicitari sono quelli che hanno venduto di più. I numeri connessi a questa ricerca riferiscono anche che le mamme statunitensi allattano dopo i 6 mesi solamente nel 57% dei casi. La percentuale cala al 37% al raggiungimento di un anno di età. Emerge però anche una sostanziale poca chiarezza su quelle che sono le differenze tra latte di formula – che va dato al bambino nei suoi primi mesi di vita con composizione controllata e che viene consigliato dagli specialisti solo in determinati casi, e quello di crescita. Che come noto, consta di latte vaccino in polvere sottoposto a trattamento con zuccheri e sciroppo di mais, oli vegetali e che è povero di proteine.
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Dal punto di vista nutrizionale si tratta di una scelta sbagliata. E questi prodotti costano anche di più rispetto al latte normale (dalle 3 alle 5 volte in media). Inoltre non sono sottoposti a controllo come invece succede coi sostitutivi del latte materno. Per quanto riguarda l’Italia, dal 2006 vige una direttiva europea che vieta la pubblicità di latte fino ai 6 mesi. Nessun limite invece per quello proseguimento e per quello di crescita. Ma anche da noi si fa fatica a capire le differenze tra i diversi tipi di latte.
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