L’arancina o arancino che dir si voglia diventa protagonista di un vero e proprio caso al Sud: ecco perché non si può più comprare, turisti e residenti preoccupati per quello che sta accadendo.
E’ uno dei prodotti più amati ed anche più replicati della nostra gastronomia nazionale: ne esistono tantissime versioni diverse, ma certamente la questione più rilevante fino ad ora era una sola.
La domanda epocale sul nome o meglio il genere da attribuire a questo delizioso cibo da asporto siciliano.
Arancina o arancino, questo è il problema: la disputa infinita nota in tutto il mondo
Iniziamo a dirimere la questione secondo la quale ha due connotati, uno femminile e l’altro maschile, a seconda delle zone di appartenenza. Molti trascurano anche questa differenza che invece per i siciliani è fondamentale ed ha delle radici territoriali. Questa pietanza deliziosa infatti è chiamata ‘arancina’ a Palermo e nella zona della Sicilia occidentale, mentre è detto ‘arancino’ a Catania e nell’area orientale dell’isola. Guai a confondersi da un capo all’altro della splendida isola: non di rado sono nate vere e proprie dispute anche sul web per attribuire la giusta denominazione a questo delizioso concentrato di incredibile bontà.
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A prescindere da questo tutti amano indistintamente queste favoloso finger food, spesso gustato per la prima volta in uno di quei deliziosi bistrot o anche presso i food truck caratteristici che emanano profumo di ragù. Ebbene quello che sta succedendo e che vede protagonista in questo caso l’arancina, lascia senza parole. Una situazione che fa seriamente temere un calo delle vendite imprevisto con conseguenze irrimediabili.
Esplode il caso dell’arancina al Sud: ecco perché non si può più comprare
Come si può intuire ci troviamo nella Sicilia occidentale ed in particolare ad Agrigento. Città famosa per la sua Valle dei Templi e le rovine della città di Akragas, ma anche per la Scala dei Turchi, una incredibile scogliera bianca a scalini che si affaccia sulle spiagge sabbiose. Insomma una città tutta da visitare ed anche da assaporare, ma che si è resa protagonista proprio in questo ambito di una situazione a dir poco clamorosa. Il racconto dell’episodio clamoroso che sta facendo parlare il web e che ha contrariato non poco gli esercenti della zona riguarda due turisti giunti nella città per una visita.
Decisi a gustare le prelibatezze tipiche locali si sono avventurati alla ricerca di un posto dove poter soddisfare fame e curiosità. La scelta è caduta su uno dei tanti che propongono la versione classica dell’arancina e quella caratteristica della zona ovvero al nero di seppia. I poveri malcapitati hanno gustato un pranzo abbastanza semplice, con un fritto di calamari e calamaretti per un totale di quattordici euro, due arancine al nero, una bottiglia di vino, un’acqua e i due coperti per un totale di ben settanta euro.
Il caso dell’arancina non è il solo: ristoratori infuriati, così i turisti fuggono
Che cosa ha fatto lievitare il conto? Semplice, le già nominate arancine che sono costate ben sette euro l’una, quando la media non supera i due, al massimo tre euro. La vicenda oltre a finire sui giornali con tanto di scontrino, ha fatto infuriare i ristoratori. Consapevoli già delle difficoltà enormi che stanno vivendo dal punto di vista economico, è parso eccessivo far aumentare il prezzo fino a livelli quasi proibitivi. Allontanando di fatto i clienti, spaventati dalla possibilità di conti a sorpresa come accaduto nella vicenda in esame.
Questo è solo l’ultimo dei casi di ‘scontrino pazzo’ dopo quello del cappuccino di Venezia, la cena a Riccione e ultimo e ben più famoso la questione della super pizza da sessanta euro di Briatore. Situazioni che non sempre combaciano con le difficoltà economiche già nominate, ma spesso configurano vere e proprie frodi ai danni di turisti in particolare e che certamente non fanno bene al nostro curriculum.
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