Il surimi è una delle specialità tipiche più note del Giappone, e si è poi diffusa in tutto il mondo. Ma non mancano degli aspetti controversi legati alla sua preparazione.
Il surimi è una pietanza spesso proposta in diversi locali, dai ristoranti giapponesi a quelli che non lo sono. A dispetto del suo nome orientaleggiante, si tratta ormai di un alimento divenuto prettamente industriale, al pari degli evergreen bastoncini di pesce. Ciò che caratterizza il surimi sono la sua forma caratteristica a cilindro, ed i colori. Colori che spaziano dal rosso od arancione al di fuori, con l’interno bianco, fino a imitazioni di crostacei come le chele di granchio o affettati di pesce.
Ma la composizione ed il processo di produzione del surimi sollevano diverse preoccupazioni riguardo alla salute e alla qualità nutrizionale. I nutrizionisti considerano il surimi un “cibo falso”. Anche se viene commercializzato come prodotto a base di polpa di granchio, in realtà non contiene granchio vero. Il suo sapore caratteristico è ottenuto tramite l’uso di aromi artificiali. Questo significa che ciò che si consuma è un misto di ingredienti industriali, piuttosto che un alimento autentico e naturale.
Cosa c’è dentro il surimi?
Le imitazioni di crostacei e i vari affettati di mare non sono altro che una combinazione di ingredienti lavorati, privi della freschezza e delle proprietà nutrizionali del pesce vero. Il processo di produzione del surimi implica l’utilizzo di scarti provenienti da altre lavorazioni alimentari. Spesso, il pesce utilizzato è costituito da parti di merluzzo, sgombro e altre specie poco pregiate. Questi scarti sono sottoposti a un intenso processo di lavorazione che include pressatura e trattamento chimico.
Di conseguenza, il surimi non può essere considerato un alimento di alta qualità. La sua origine da materiali di scarto solleva interrogativi sulla qualità e sulla sicurezza del prodotto finale. Durante la lavorazione, il surimi viene arricchito con vari additivi per migliorarne l’aspetto e il sapore. Sali, zuccheri e polifosfati vengono comunemente aggiunti per favorire la conservazione. Inoltre, coloranti artificiali vengono utilizzati per conferire il tipico colore rosso o arancione alla superficie del prodotto.
Altri ingredienti, come la fecola di patate e l’albume d’uovo, non hanno nulla a che vedere con il pesce e vengono impiegati per migliorare la consistenza e l’aspetto del prodotto. Questo processo di elaborazione riduce ulteriormente il valore nutritivo del surimi, rendendolo un alimento povero di vitamine e minerali.
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Tutto fuorché nutriente
Uno dei principali problemi legati al consumo di surimi è la mancanza di trasparenza riguardo agli ingredienti utilizzati. Le etichette non sempre indicano le specie ittiche impiegate, il che può portare a un uso di materie prime di scarsa qualità o addirittura tossiche. Ciò espone i consumatori al rischio di frodi alimentari ed all’assunzione di sostanze nocive. Inoltre, l’uso di additivi come i polifosfati, accusati di avere effetti negativi sulle ossa, e la presenza di contaminanti come pesticidi e metalli pesanti, rappresentano seri motivi di preoccupazione per la salute.
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Per chi ha problemi di ipertensione o malattie renali, l’elevato contenuto di sodio nel surimi è particolarmente allarmante. Nonostante la sua natura artificiale e il fatto che provenga da scarti alimentari, il surimi è spesso venduto a prezzi relativamente elevati. Questo è sorprendente considerando che il prodotto finito contiene solo una percentuale di pesce reale, che varia tra il 30% e il 40%.
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Pertanto, il costo non riflette la qualità del prodotto. Se si desidera includere pesce nella propria dieta, è consigliabile optare per il pesce fresco, che offre un profilo nutrizionale molto più ricco e sano rispetto al surimi. Scegliere alimenti genuini è sempre una decisione più saggia per la salute e il benessere.