Le microplastiche si trovano ormai dappertutto nel mondo ed ingerirle risulta essere molto facile, vista la loro presenza massiccia. Quali rischi si corrono.
Le microplastiche sono residui artificiali che possono inquinare il cibo che ingeriamo. Una preoccupazione resa nota dall’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio (BfR), il quale compie periodicamente delle rivelazioni su campioni della popolazione in materia. Il 63% dei tedeschi interpellati si è detto consapevole del fatto che esista tale spiacevole possibilità, dopo l’ultima raccolta di dati risalente ad agosto 2019. Ed anche se l’idea di cosa siano di preciso le microplastiche non risulti chiara a tutti in maniera netta, va detto che comunque il nome suggerisce già di per sé un qualcosa che può nascondere delle insidie per la salute. Ce ne sono di tanti tipi, che differiscono tra loro per materiali costituenti e per processi di produzione. Il diametro medio riconosciuto di queste particelle inquinanti è compreso tra i 0,0001 a 5 millimetri.
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Ci sono poi quelle definite “primarie” e realizzate appositamente dall’uomo, e quelle secondarie. Che sorgono cioè come conseguenza di alcune situazioni. Ad esempio dai processi di deperimento nel corso del tempo di determinati materiali, come plastica, pneumatici, bottiglie, residui chimici, tessuti e quant’altro. Alla categorie delle primarie appartengono invece granuli e pellet di polietilene (PE), polipropilene (PP), polistirene (PS), polietilene tereftalato (PET), polivinil cloruro (PVC), poliammide (nylon) e etilene vinil acetato (EVA) tra gli altri. Tutti presenti in alcuni materiali industriali. Proprio i moderni processi industriali hanno fatto si che l’intero pianeta si ritrovasse ormai del tutto avvolto da queste nocive microparticelle. Le si trovano ovunque. Negli oceani, nei boschi, nelle alture, nel corpo umano, negli animali…perché vengono ingeriti in maniera inconsapevole.
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E la produzione mondiale è in aumento. A nulla valgono i discorsi sulla necessità impellente di preservare il clima e l’ambiente. Le macchine non si fermano, le fabbriche non riducono ed anzi incrementano il loro operato. Ed i governi non pensano minimamente di invertire questo trend che ci ha già condotti sulla via del non ritorno. L’inquinamento da microplastiche è una delle tante dannose, rovinose conseguenze di questo comportamento sciagurato del mondo industrializzato. Queste particelle si accumulano anche all’interno degli animali che entrano a far parte della nostra dieta quotidiana. Come il pesce. Ne sono state trovate anche all’interno dell’acqua minerale, probabilmente veicolate dai processi lavorativi, dai tappi utilizzati, dai pigmenti delle etichette.
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Tuttavia alcuni studi incentrati sul livello di pericolosità di questi materiali invisibili ha portato alla conclusione che alcuni tipi non sembrano nocivi. Almeno non nell’immediato. È il caso del polistirene. Tante sono le dinamiche in gioco e comunque è ovvio che sarebbe meglio arginare al massimo il contatto diretto con questi residui. Secondo il BfR, in condizioni di normalità le microplastiche non dovrebbero comportare dei rischi elevati per la salute in caso di loro presenza negli alimenti. Della stessa idea è l’OMS – l’Organizzazione Mondiale per la Sanità – in merito all’acqua. Ma sono in corso degli studi ulteriori che dovranno portarci ad avere una conoscenza ulteriore del fenomeno.
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