Spaventa decisamente quello che alcuni scienziati hanno scoperto dopo esperimenti di laboratorio su delle cavie. Il pericolo è diffusissimo.
Le microplastiche giocano un ruolo estremamente in negativo per l’ambiente e per la salute. La cosa è risaputa ed è confermata da molti studi compiuti nel corso degli anni. Queste minuscole particelle di plastica trovano formazione dalla degradazione di materiali più grandi, stanno emergendo come una seria minaccia per la salute umana e per l’ambiente.
Queste sostanze invasive si trovano in acqua, aria e in molti prodotti di uso quotidiano, riuscendo a penetrare nel nostro organismo, inclusi i tessuti cerebrali. Le ricerche più recenti suggeriscono che le microplastiche possono aggregarsi e comportarsi come trombi, aumentando così il rischio di ictus e altre patologie neurovascolari. Anche se gran parte degli studi attuali si basa su modelli animali, ci sono forti sospetti che le dinamiche siano simili negli esseri umani.
Perché la microplastica è pericolosa?
Un esperimento condotto da scienziati dell’Università di Pechino ha esaminato l’effetto delle microplastiche su topi. Gli studiosi hanno somministrato acqua contenente microsfere di polistirene fluorescenti di cinque micrometri di diametro. Attraverso un’apertura chirurgica, hanno monitorato il tragitto delle particelle, scoprendo che, entro tre ore dall’ingestione, esse venivano catturate da cellule del sistema immunitario e trasportate al cervello, in particolare nella corteccia.
Una volta giunte al cervello, le microplastiche possono comportarsi in modo problematico. Alcune particelle si incastrano nelle pieghe corticali, mentre altre possono bloccarsi temporaneamente e poi riprendere il loro percorso. Questi ingorghi possono provocare ostruzioni simili a quelle dei trombi, con il rischio di eventi ischemici come l’ictus. Le osservazioni hanno rivelato che i movimenti dei topi esposti alle microplastiche erano rallentati, e tale effetto si protraeva per giorni. L’ingestione continua di microplastiche, soprattutto quelle di dimensioni maggiori, aumenta le probabilità di formazione di aggregati nocivi.
Alcuni studi hanno confermato che l’effetto delle microplastiche sugli esseri umani potrebbe essere simile a quello osservato nei modelli animali. Ricerche su campioni post-mortem hanno mostrato microplastiche nel cervello, nei reni e nel fegato. Inoltre, è emerso che le persone con alti livelli di plastica nel sangue, in particolare nelle placche aterosclerotiche, presentano un rischio maggiore di infarti e ictus, oltre a una mortalità più elevata.
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Le cause dell’inquinamento
In attesa di conferme definitive su come queste dinamiche si verifichino negli esseri umani, è fondamentale esaminare le fonti di inquinamento da microplastiche. Uno studio recente pubblicato su Science Advances ha analizzato dati provenienti da 84 paesi per cinque anni, identificando i principali responsabili della plastica dispersa. I risultati indicano che cinque grandi marchi — Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Danone e Altria — rappresentano il 24% della plastica riconducibile a marchi noti.
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Inoltre, oltre il 50% della plastica globale è legata a soli 56 marchi. La maggior parte di questi è attiva nel settore alimentare, dove si utilizza un’enorme quantità di plastica per il confezionamento. Questa situazione sottolinea l’urgenza di interventi decisivi, come l’adozione di un trattato globale per limitare la produzione di plastica monouso.
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Ridurre l’uso di prodotti monoporzione e monouso in plastica potrebbe rappresentare una strategia chiave per affrontare il problema delle microplastiche nell’ambiente e negli organismi viventi. Promuovere misure preventive e aumentare la consapevolezza riguardo all’uso della plastica sono passi essenziali per mitigare i rischi associati a questi inquinanti.