Pericolo contaminazione nelle mense scolastiche: è questo l’allarme sollevato dai medici a seguito del mancato rispetto di una normativa recentemente andata in vigore. Qual è il rischio per i nostri figli?
Entrata lo scorso luglio in vigore la Direttiva europea Single Use Plastic che indice il divieto assoluto di vendita di moltissimi prodotti che siamo abituati ad utilizzare nel quotidiano. L’intervento si è reso necessario per garantire un futuro più roseo dal punto di visto ambientale, dal momento che la stabilità del nostro ecosistema risulta già gravemente compromessa. L’inquinamento ha danneggiato in modo irreparabile la vita naturale, causando l’estinzione di tantissime specie animali nonché l’ormai noto fenomeno del riscaldamento globale e non solo. Le conseguenze sono già evidenti, con crisi climatiche che si ripetono nel corso del tempo senza trovare soluzione immediata.
La plastica inoltre con il suo impatto sull’ambiente, è a giusta ragione tra le principali responsabili dei rischi che l’umanità intera sta correndo. L’unico modo per provare ad arginare una deriva che sembra ogni giorno più veloce è quello di mettere al bando l’utilizzo della plastica monouso a favore di abitudini più responsabili ed ecologiche.
Tuttavia un rischio molto grave è stato evidenziato anche rispetto alla composizione di stoviglie compostabili. Proprio relativamente all’introduzione di questi nuovi materiali infatti, il riscontro delle analisi ha annunciato la presenza di Pfas all’interno di questi oggetti di uso comune, impiegati nella refezione scolastica.
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Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici prodotti dall’uomo e pertanto non presenti naturalmente nell’ambiente, costituiti da catene fluorurate di un numero variabile di atomi di carbonio. Sono utilizzate per fornire proprietà repellenti all’acqua, all’olio e per aumentare la resistenza alle alte temperature di tessuti, tappeti e pellami. Inoltre vengono comunemente impiegati per produrre rivestimenti impermeabili per piatti di carta, padelle antiaderenti e imballaggi alimentari. La principale fonte di esposizione per la popolazione è l’ingestione attraverso l’acqua potabile e di cibi contaminati. Si può anche essere esposti attraverso il contatto con superfici o suoli contaminati e l’inalazione di polveri contenenti PFAS. Quest’ultimo caso però riguarda principalmente i soggetti esposti professionalmente, ad esempio i lavoratori dei siti produttivi. I PFAS vengono assorbiti rapidamente: essi si legano alle proteine del plasma e non sono metabolizzati dall’organismo.
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Per questo si accumulano e si ritrovano nel plasma, nel fegato e in minor misura nel rene. Sono eliminati dai reni, ma nella specie umana l’eliminazione è molto lenta, perché una volta filtrati nelle urine subiscono un processo di riassorbimento che li riporta in circolo. Gli studi sperimentali sugli animali hanno rilevato che queste sostanze possono provocare alterazioni. Nello specifico a livello del fegato, della tiroide, del sistema immunitario, del sistema riproduttivo e dello sviluppo fetale oltre alcuni tipi di neoplasie. Le principali ricerche sull’uomo hanno concluso che esiste una probabile associazione tra esposizione alle PFAS ed alcune patologie. Quali ipercolesterolemia, ipertensione in gravidanza e pre-eclampsia, malattie della tiroide e alterazioni degli ormoni tiroidei, colite ulcerosa, tumore del rene e tumore del testicolo. Tuttavia questi studi non hanno reso possibile stabilire una correlazione certa in termini di causa-effetto.
L’allarme sulla possibile contaminazione dei cibi nelle mensa scolastiche, con conseguenze grave pericolo per la salute dei nostri figli, è nato da una segnalazione de ‘Il Salvagente’. Il noto portale ha inoltrato una lettera aperta al Ministro della Salute Roberto Speranza per sollevare il caso. Hanno aderito all’iniziativa diverse associazioni, tra cui la già menzionata FNOMCeO ovvero la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la International society of doctors for Environment, la Fondazione Allineare Sanità e Salute, l’Associazione di Studi e Informazione sulla Salute (AsSIS), la Rete Sostenibilità e Salute (che comprende 30 associazioni) e il Comitato Food Policy.
Oltre a queste si sono aggiunte altre grandi ed importanti associazioni tra le quali Greenpeace, Legambiente e quella dei consumatori CittadinanzaAttiva. Non manca ovviamente il sostegno del Coordinamento Mamme No Pfas, così come di Foodinsider e Slow Food. Enti questi ultimi che attuano controlli annuali sulla qualità dei menù introdotti nelle scuole. L’invito quindi è di aderire all’iniziativa, per far sì che le autorità adottino misure adeguate a eliminare questo grave rischio. Tutelando la salute dei bambini attraverso interventi concreti e risolutivi.
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