Nel sushi a volte può insidiarsi un particolare tipo di parassita, la cui presenza è diventata un problema assai diffuso purtroppo.
Il sushi è probabilmente il piatto più conosciuto di provenienza orientale. È una specialità tipica della tradizione gastronomica giapponese ed è completamente a base di pesce. Buonissimo ed anche molto salutare, come molti dei manicaretti appartenenti alla cucina del Sol Levante.
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Purtroppo però uno studio apposito condotto dalla University of Washington pone il sushi sotto ad una luce negativa. Colpa del proliferare di un particolare parassita che trova il proprio habitat naturale all’interno del pesce crudo. Un ingrediente quest’ultimo appositamente richiesto per la preparazione del sushi. È stato osservato che, dagli anni ’70 ad oggi, tale parassita si è espanso di ben 283 volte in più in tutto questo tempo. È chiamato comunemente “verme delle aringhe” ed appartiene al genere Anisakis. Lo si trova per l’appunto anche nelle aringhe e nei crostacei di piccole dimensioni che vivono nell’oceano. Attraverso i meccanismi della catena alimentare, tali crostacei, che fanno parte della dieta di alcune specialità ittiche, vengono mangiati. E con essi anche il parassita, il quale finisce con l’infettare il pescato utilizzato.
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Questo ospite indesiderato è conosciuto volgarmente con il nome di “verme delle aringhe”; in realtà i suoi ospiti preferiti non si limitano alle aringhe, ma possono altrettanto facilmente essere altri pesci o frutti di mare di qualche tipo. Il loro ingresso nella catena di produzione del sushi non è diretto: i primi ospiti degli Anisakis sono solitamente piccoli crostacei che vivono nell’oceano, i quali a loro volta vengono mangiati da pesci, che si ritrovano a loro volta il parassita in pancia. In questo modo i nematodi possono “risalire” la catena alimentare, fino a trovare posto nella pancia di una di quelle specie ittiche che si usano per la preparazione del sushi. Inutile aggiungere che alla fine il parassita può raggiungere anche i nostro stomaci. Anche se per fortuna non resiste a lungo (appena qualche giorno). Ma può provocare delle intossicazioni alimentari.
Stupisce però il suo proliferare dagli anni ’70 ai giorni d’oggi. Il dato è preoccupante in quanto il parassita provoca sofferenze non indifferenti anche ai grossi mammiferi marini. La causa principale è sicuramente l’inquinamento dei mari. Per quanto riguarda il sushi, se proprio siete golosi, quando ne mangiate assicuratevi di tagliarlo in piccoli pezzi. Infatti il parassita in questione assume le forme di un piccolo verme (i più grossi raggiungono i 2 cm di dimensioni in media). Questo lo rende non difficilmente riconoscibile.
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