Diversi alimenti ed anche una bevanda che assumi certamente ogni giorno possiedono una componente ritenuta cancerogena, di cosa si tratta.
Mai sentito parlate dell’acrilammide? È un contaminante che si genera durante la cottura di alcuni alimenti, non essendo presente in origine negli ingredienti, ma derivando dai processi di preparazione. Considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come un probabile cancerogeno, recenti studi potrebbero portare a una rivalutazione della sua classificazione, rendendola ancora più severa.
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) non ha stabilito una dose giornaliera considerata sicura per l’acrilammide, poiché è impossibile fissarla per una sostanza che è sia cancerogena che genotossica. L’acrilammide si forma “naturalmente” durante la cottura di alimenti come patatine, pane e altri snack a temperature superiori ai 120 gradi Celsius, specialmente quando la cottura avviene per tempi prolungati e con bassa umidità.
Acrilammide, in quali alimenti si trova
Questo processo è noto come reazione di Maillard, che coinvolge la combinazione di zuccheri riducenti, come il glucosio, e l’amminoacido asparagina. Sebbene possa sembrare che l’acrilammide sia inevitabile, è importante sapere che la scelta degli ingredienti, le modalità di conservazione e i metodi di cottura possono contribuire a ridurre la sua formazione.
Recenti test condotti su 29 campioni di chips a base di patate, mais e altre verdure hanno evidenziato che esistono strategie per limitare la presenza di questo contaminante nei prodotti alimentari. Nonostante alcuni marchi raggiungano valori prossimi al limite di 750 mcg/kg fissato dalla Commissione Europea, ci sono anche prodotti che riescono a mantenere i livelli di acrilammide sotto controllo.
Anche se l’Unione Europea ha stabilito una soglia guida, questa non è vincolante e non prevede sanzioni per le aziende che la superano. Le organizzazioni non governative, come Safe, che si battono per la sicurezza alimentare in Europa, chiedono da tempo all’Unione di stabilire limiti rigorosi per l’acrilammide. I gruppi di pressione sottolineano l’urgenza di fissare normative più severe, soprattutto per alimenti destinati ai bambini.
TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE: Chi mangia bresaola ogni giorno fa bene oppure no? Parla il nutrizionista
Come riconoscere la presenza di acrilammide?
L’acrilammide rappresenta una delle principali preoccupazioni in ambito alimentare. La IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, prevede di rivalutare il profilo di rischio dell’acrilammide e, a seguito di nuove evidenze scientifiche, potrebbe classificarla come un cancerogeno certo per l’uomo. La principale fonte di esposizione per i consumatori è l’alimentazione, con patatine fritte e caffè tra i maggiori veicoli di acrilammide negli adulti, mentre nei bambini i principali alimenti coinvolti sono patatine, corn flakes e biscotti.
TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE: Il trucco dei ristoratori per sbrinare il freezer, non ci avevi mai pensato
Come consumatori, è possibile adottare misure per ridurre l’esposizione all’acrilammide rivedendo le proprie abitudini alimentari. Confidiamo nel fatto che l’Unione Europea prenda provvedimenti più rigorosi, stabilendo limiti di legge che obblighino le aziende a ridurre la presenza di acrilammide nei loro prodotti. È essenziale che le aziende si impegnino seriamente per garantire la sicurezza alimentare. Nell’analisi condotta, i livelli di acrilammide sono risultati variabili.
TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE: In tanti bevono acqua in bottiglia perché hanno dubbi su quella di rubinetto, hanno ragione?
E come detto, alcuni campioni sono risultati praticamente privi di acrilammide. Mentre altri, come le patatine classiche Carrefour, hanno sfiorato il limite di 750 mcg/kg. Con un contenuto di 730 microgrammi per chilo. Oltre ai livelli di acrilammide, sono stati considerati anche altri fattori. Come il tipo di olio utilizzato, con l’olio di palma e di cocco penalizzati nei giudizi finale. Per non correre rischi, si consiglia di limitare l’assunzione di questi prodotti e di non mangiarne tutti i giorni.