Il celebre chef Gianfranco Vissani svela il motivo del nome del ristorante che lui rilevò dal padre: “Si chiama ‘Il Padrino’ il nome lo scelse lui”.
Nella puntata di ieri di ‘Vieni da Me‘, tra gli ospiti ha spiccato la presenza di Gianfranco Vissani. Lo chef nativo di Civitella del Lago, in provincia di Terni, ha fatto discutere per la critica mossa al collega Alessandro Borghese. “Lui non è un cuoco d’alta cucina, ma uno che si diverte a fare televisione”, è il parere dello chef classe 1951. Che nei riguardi del figlio di Barbara Bouchet, attualmente impegnato alla conduzione del reality a tema culinario ‘Quattro Ristoranti’, non usa il guanto di velluto. “Per essere uno chef bisogna lavorare, piegarsi la schiena, sudare. Lui non ha nemmeno un ristorante”. Cosa non vera, ed anche quando glielo fanno notare, Vissani non recede comunque dalle sue posizioni.
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Ma Vissani ha fatto parlare di se anche per via di suo padre. Si chiamava Mario, e nel ricordarlo, chef Vissani si è commosso lasciandosi andare ad un pianto che ha sciolto anche la conduttrice Caterina Balivo. “Non ti ho mai visto così, vieni quì, Gianfrà”, lo ha confortato lei. A Vissani viene chiesto anche come mai il ristorante di famiglia, sorto nel 1963 ed attivo ancora oggi dopo che lui stesso lo rilevò dai genitori nel 1982, venne chiamato ‘Il Padrino’. Un nome curioso ed al tempo stesso dalla simbologia forte. Si trattava di un locale molto semplice, frequentato da visitatori e pescatori del luogo. Poi con Gianfranco tutto è andato migliorando, e le capacità imprenditoriali del noto chef hanno fatto si che diventasse da decenni uno dei luoghi più rinomati in ambito gastronomico in Italia. Da parecchio tempo può fregiarsi anche di due stelle Michelin.
“Si chiama così perché a mio padre piacevano le tematiche legate ai fuorilegge, tipo il bandito Giuliano, che come Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. Fu per questo che pensò a questo nome”. Con una decina di anni di anticipo rispetto al celebre, omonimo film di Francis Ford Coppola. “Lui dormiva tre ore a notte, lo chiamavano Rambo. Poteva costruire una casa di tre piani in poche ore. Il mio babbo era ingegnere ed avrebbe voluto che io seguissi le sue orme. Poi ci siamo dati tutti alla cucina, non l’ho mai deluso per questo, anzi. Da giovane ho fatto il militare a Siena e lui veniva sempre a trovarmi. Mi manca molto”.
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